La mossa del cavallo

Empatia

Posted in Altra cultura, Scacchi by lollipop on ottobre 6, 2009

CA93VPHJL’empatia è la capacità di comprendere  cosa sta provando un’altra persona (o perlomeno di focalizzarsi sul suo mondo interiore). Il termine deriva dal greco “empateia” composto da en, “dentro” e pathos, “sentimento”.

L’empatia non va confusa con la comprensione intellettuale, che si concentra sui fatti, sulle esatte dinamiche degli avvenimenti. Con l’empatia si legge tra le righe, si colgono gli indizi emozionali, i segnali non verbali e soprattutto si lasciano da parte spiegazioni o schemi di attribuzione di significato preconfezionati.

Secondo Geoffrey Miller (The mating mind) “L’empatia si sarebbe sviluppata perché mettersi nei panni dell’altro per sapere cosa pensa e come reagirebbe costituisce un importante fattore di sopravvivenza in un mondo in cui l’uomo è in continua competizione con gli altri uomini.”

In biologia le ricerche sui meccanismi che regolano l’empatia sono molto attive, come nel caso dei neuroni-specchio, che sono cellule che si attivano sia quando un’azione viene compiuta che quando viene osservata da un altro individuo. In ogni caso, una spiegazione definitiva ancora manca.

 Secondo Paolo Legrenzi (Come nascono le nuove idee – Il Mulino) l’empatia è la capacità di andare sulla stessa lunghezza d’onda delle menti altrui. È la capacità di vedere dentro la mente delle persone con cui interagiamo per prevedere come si comporteranno.

Continua Legrenzi: “Nel mondo delle imprese questo è pane quotidiano. Che cosa avranno pensato di fare i concorrenti e che cosa pensano che noi faremo? E noi che cosa pensiamo che loro pensano di noi. Chi sa meglio decifrare questo gioco di specchi è colui che sa cogliere le più ghiotte opportunità in un mercato competitivo.”

Ora a dir la verità non sono sicuro che quando un manager seduto nel suo ufficio cerca di prevedere cosa sta pensando un altro manager di una ditta concorrente in un altro punto del pianeta stia usando le sue capacità empatiche. Più correttemente si tratta di capacità di previsione intellettuale come specifica più avanti lo stesso Legrenzi, quando inizia a usare il termine inglese “insight”. Il manager mette da parte i propri gusti e le proprie simpatie, per scegliere l’azione che si presume avrà maggiore successo, in base a quanto si assume sceglieranno di fare gli altri (clienti o concorrenti).

Anche quando ci siede ad un tavolino per giocare a scacchi (ma potete pensare praticamente ad ogni altra cosa) l’empatia può essere molto importante, e alcuni giocatori ne hanno fatto il loro marchio di fabbrica (un esempio ovvio è quello di Lasker) ma tutti i giocatori moderni cercano di rendersi invisibili agli occhi dei loro avversari. Qualche tempo fa avevamo pubblicato una news in cui Anand sottolineava l’importanza di nascondere i propri sentimenti (Chess is a form of acting).

L’empatia è importante anche a fine partita, quando si tratta di capire cosa sta pensando il vostro avversario che vi ha appena regalato un punto intero cappellando in una posizione vinta. …. In quel caso magari la vostra migliore decisione strategica potrebbe essere quella di offrirgli una birra…..

Salute!

Riguardo all’immagine scelta, segnaliamo che Gem, personaggio che appare in una puntata del telefilm Star Trek (“L’empatica”) ha la capacità di guarire le ferite altrui trasferendole sul proprio corpo.

L’effetto Regina Rossa

Posted in Altra cultura, Economia, Scacchi by lollipop on novembre 11, 2008

250px-tenniel_red_queen_with_alice
In “Attraverso lo specchio” di Lewis Carroll, la Regina Rossa dice ad Alice “Now, here, you see, it takes all the running you can do, to keep in the same place, if you want to get somewhere else, you must run at least twice as fast as that!”, che possiamo provare a tradurre così: “Qui, vedi, ci vuole tutta la velocità di cui si dispone se si vuole rimanere in un posto. Se si vuole andare da qualche parte, si deve correre almeno due volte più veloce di così!”.

Puro genio di Lewis Carroll, ed oggi l’effetto Regina Rossa in certi ambienti è un fatto assodato. Quali ambienti? Per esempio, in quello della competizione tra aziende. Qui, a dir la verità, a volte “correre veloci” non basta più neanche per rimanere fermi, tant’è vero che qualcuno parla anche di “escaping the red queen effect”; per progredire, non basta correre ne correre due volte più veloci di così, ma bisogna “correre” in manierà diversa dalla concorrenza, inventandosi nuovi mercati, o cambiando le regole del gioco, etc

L’effetto Regina Rossa è ben noto anche ai biologi evoluzionisti. La “corsa della Regina Rossa” (o anche l’effetto Regina Rossa) è un ipotesi teorica che afferma che in un sistema in evoluzione, il continuo sviluppo è necessario anche solo per mantenere l’adattamento relativo all’ambiente in cui esso evolve (“For an evolutionay system, continuing development is needed just in order to maintain its fitness relative to the systems it is co-evolving with” G. Bell, 1982).

In realtà l’effetto Regina Rossa vale per ogni sistema complesso, e per esempio, in un suo articolo del 1995 Stuart Kauffman fa notare come la maniera in cui evolvono le tecnologie è simile all’esplosione “biologica” del periodo cambriano in cui in un breve (relativamente parlando) lasso di tempo nacquero, si evolsero e scomparvero, interi Phyla animali. Così nel periodo in cui si stava sviluppando la bicicletta, se ne costruivano modelli molto diversi, ma una volta che i modelli principali (o vincenti) si sono affermati, è sempre più difficile portare dei miglioramenti.

Anche negli scacchi, esiste un effetto “Regina Rossa”: arriva un momento, per ogni giocatore, in cui è sempre più difficile migliorare il proprio livello di conoscenza del gioco. Chi nonostante questo, fosse disperatamente in cerca di qualche punto elo in più, dovrebbe iniziare a correre in maniera diversa dalla concorrenza, dedicandosi al miglioramento delle proprie capacità di concentrazione, al controllo delle reazioni emotive…

A scanso di equivoci, vi invitiamo a non confondere la Regina Rossa con la Regina di Cuori, che appare in “Alice nel paese delle meraviglie”, e che “non è” un pezzo degli scacchi ma “è” una carta da gioco.

Illustrazione di John Tenniel (e l’abbiamo presa dalla versione inglese di Wikipedia)

Il caso_3

Posted in Scacchi by lollipop on Maggio 20, 2008

In certe situazioni affidarsi al caso può essere un metodo di scelta anche nel gioco razionale per eccellenza, gli scacchi. Sentite per esempio cosa consiglia il GM inglese John Nunn in un suo libro …. (pagina 26 dell’edizione italiana “Cosa deve sapere il giocatore da torneo” Edizioni Prisma) … Quando si studia una data posizione, è quasi sempre vero che nei primi cinque minuti di analisi si vedono più cose che nei cinque minuti successivi. Gli ulteriori cinque minuti dopo il decimo sono ancora meno produttivi, e così via. Ho avuto modo di constatare che quando si impiega più di 20 minuti per eseguira una mossa, in genere si finisce col commettere un errore. Il normale processo decisionale di uno scacchista non dovrebbe insomma richiedere più di un quarto d’ora, nemmeno in situazioni abbastanza complesse. Come è ovvio, si tratta di una regola empirica destinata inevitabilmente a subire delle eccezioni, che però saranno senz’altro molto meno frequenti di quel che si potrebbe pensare. Se un giocatore impiega troppo tempo su una mossa, è probabilmente segno che non esiste alcun seguito valido, oppure che la sua indecisione ha radici psicologiche e non tecniche. Sono davvero poche le posizioni talmente complicate da rendere necessari più di 20 minuti di riflessione per venirne a capo. Se state meditando sulla vostra mossa già da diversi minuti, e ancora non siete sicuri di cosa giocare, dovete a tutti i costi comportarvi in modo brutalmente pragmatico. Chiedetevi se qualche altro minuto davanti alla scacchiera potrà realmente aiutarvi a trovare la mossa giusta. Ad esempio, le vostre profonde elucubrazioni potrebbero essere il frutto di un’indecisione fra due mosse che vi sembrano di forza equivalente. Se dopo venti minuti non avete ancora scoperto un buon motivo per preferire una delle due, sembra ragionevole ipotizzare che in concreto entrambe le alternative possano andare bene. A furia di spremervi le meningi, potreste alla fine scovare una minuscola differenza tra le due, ma probabilmente questo non sarebbe il modo migliore di investire il vostro tempo. Prima di tutto, è facile sbagliarsi quando si cerca di valutare una posizione fin nei minimi dettagli; in secondo luogo, serve a poco ottenere un vantaggio microscopico se poi ci si ritrova in un forte Zeitnot dove si lasciano in presa pezzi vari. Le partite che vengono decise dalla progressiva accumulazione di piccoli vantaggi sono molto meno comuni di quanto certi libri vorrebbero farci credere. … Assai più frequenti sono gli esempi in cui enrambi i giocatori commettono errori, e l’iniziativa passa di continuo da un avversario all’altro; alla lunga, il risultato sarà determinato da un grave errore.

 

Perciò, io vi consiglerei senz’altro di fidarvi del vostro intuito nello scegliere fra varie mosse dall’aspetto equivalente; se poi neanche così riuscite a trovare un motivo per esprimere la vostra preferenza, selezionate le mosse che vi sembrano giocabili ed effettuatene una a caso.

 

www.prismascacchi.com/

 

http://www.scacchi.biz/catalogo/dettaglio.asp?lingua=I&CAT=&P=2&PROD=4603&T=R&C=nunn

 

 

Il bluff_3

Posted in Scacchi by lollipop on Maggio 6, 2008

Anche i Maestri di scacchi trovano spazio per il bluff nella loro pratica agonistica. Un esempio ci viene offerto dalla scelta dell’apertura effettuata da Nigel Short nella sesta partita del match con Garry Kasparov per il campionato del mondo del 1993.

Su questo match Dominic Lawson, giornalista e amico di Short ha scritto un libro che esplora i processi psicologici della sfida, soprattutto dal punto di vista del giocatore inglese.

La mattina del giorno della sesta partita, Short annunciò a Lawson che quel giorno avrebbe giocato una delle varianti predilette dal suo avversario, l’attacco Sozin della Difesa Siciliana. Lawson ci dice con meno esagerazione di quanto un non esperto potrebbe immaginare che Kasparov conosceva le caratteristiche di questa apertura con un intimità normalmente associata alle relazioni tra amanti, mentre Short, in tutta la sua carriera, non avevo mai giocato quest’attacco.

Lawson riporta il seguente dialogo:

“Il Sozin ok, è l’arma preferita da Kasparov contro la Najdorf, ed egli la conosce meglio di quanto io potrei mai sognare, ma è proprio questo il punto. Quando lo giocherò, egli sarà spaventato da mosse che io neanche avrò immaginato. Userò le sue conoscenze contro di lui”. “Ma non è un bluff? Che bisogno ha Kasparov di dare per scontato che tu conosci tutte le sottigliezze di quest’apertura?” “Qui viene utile la quinta partita. Ha mostrato che sono capace di brillante preparazione, di prevedere ogni sua mossa, e di giocare un intera partita senza lasciare il mio database segreto. Sono in una posizione di bluffare. Lui non può essere sicuro che io non conosco tutto quello che conosce lui sul Sozin. È come a poker, per bluffare con successo, non devi avere la reputazione di un bluffatore, o verranno a vederti”. “è una strategia molto rischiosa”. “Naturalmente. Ora andiamo a pranzo”. Per la cronaca, il bluff di Short ebbe successo, Kasparov scelse una linea secondaria e con un gioco aggressivo il giocatore inglese si portò in vantaggio, fino a che cadde in quello che potremmo definire il controbluff del Campione del Mondo. Nella posizione critica della partita Kasparov giocò la sua mossa, e ostentò la massima tranquillità, alzandosi nonostante fosse rimasto con pochissimo tempo di riflessione, e eseguendo una serie di riti che era solito praticare quando pensava che la partita non avesse più niente da dire. In effetti, dopo la mossa di Kasparov, Short aveva a disposizione una bella combinazione che però portava solo ad una patta per scacco perpetuo. Short scelse proprio quella linea, e fu lo stesso Kasparov a mostrargli la mossa vincente, subito dopo che fu concordata la patta.

È interessante notare come il bluff di Short sia un bluff nel gioco come “game”, poiché fa riferimento alle mosse giocate in quella precisa partita e alle mosse giocate dai due giocatori nelle loro partite precedenti mentre il bluff di Kasparov si realizza nel contesto del gioco come “play”, mettendo in scena una particolare rappresentazione di se stesso mentre gioca (play) il gioco (game).

http://www.amazon.com/Inner-Game-Dominic-Lawson/dp/0330333755/ref=sr_1_1?ie=UTF8&s=books&qid=1205946303&sr=8-1

Tagged with: , , ,